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Tindari (ME)
Situata su un poggio a 65 Km da Messina, nel territorio del Comune di Patti, oggi Tindari è famosa soprattutto per il santuario della Madonna Nera, la cui effigie miracolosa, l’8 settembre d’ogni anno è oggetto di un pellegrinaggio.
In realtà, il nome moderno, deriva dall’antica Tyndaris, ultima colonia greca di Sicilia la cui fondazione risale al 396 a.C., quando Dionisio I, tiranno di Siracusa, decise di assegnare a 600 mercenari Messeni, arruolati nel suo esercito, il sito nel territorio della città sicula di Abacaenum (Tripi) alleata di Cartagine.
Il centro abitato fu costruito a 280 metri sul livello del mare e prese il nome di Tyndaris, in onore di Tindaro, re di Sparta e sposo di Leda, padre adottivo di Elena e dei Dioscuri, Castore e Polluce.
La città, dedita prevalentemente al commercio, fu un baluardo strategico per l’invidiabile posizione sopra un ampio colle dal quale lo sguardo spazia dal tirreno alla catena dei Peloritani.
Durante la prima guerra punica, sotto il controllo di Gerone II di Siracusa, fu base navale cartaginese, e nelle sue acque si combatté nel 257 a.C. la battaglia di Tindari, nella quale la flotta romana, guidata dal console Aulo Attilio Calatino, mise in fuga quella cartaginese.
Con Siracusa passò in seguito nell’orbita romana e fu base navale di Sesto Pompeo. Presa da Augusto nel 36 a.C., che vi istituì la Colonia Augusta Tyndaritanorum, una delle cinque della Sicilia. Cicerone la citò come nobilissima civitas.
Nel I secolo d.C. subì le conseguenze di una grande frana, mentre nel IV secolo fu soggetta a due distruttivi terremoti
Sede vescovile, fu conquistata dai Bizantini nel 535 e cadde nell'836, nelle mani degli Arabi dai quali venne distrutta.
Vi rimase il santuario dedicato alla Madonna Nera di Tindari, progressivamente ingrandito, che ospita una Maria con il Bambino scolpita in legno di fattura medievale, considerata apportatrice di grazie e miracolosa
Diversi sono i riferimenti letterari alla città. Nelle Verrine, Cicerone si sofferma a lungo su Tindari e sulle spoliazioni da essa subite durante la magistratura di Verre. Alcuni secoli dopo, Salvatore Quasimodo le dedicò la celebre poesia Vento a Tindari e Andrea Camilleri dà il titolo “La gita a Tindari”, ad un romanzo giallo della serie del commissario Montalbano, e all'episodio dello sceneggiato televisivo tratto dallo stesso, anch'esso intitolato "La gita a Tindari".